domenica 23 settembre 2018

Pedagogia: Scuole e università 
Precettori e cavalieri 


Il precettore era la persona addetta all'istruzione e all'ammaestramento dei figli di famiglie ricche e/o nobili. 

Istituzione oggi quasi scomparsa, quella del precettore
era una figura tipica soprattutto dei tempi in cui, mancando un sistema educativo diffuso, l'istruzione dei singoli veniva attuata in privato, all'interno della famiglia.
Nell'antichità non era raro che il ruolo di precettore fosse svolto da schiavi. Nell'antica Roma si ricorreva spesso a schiavi greci o di estrazione orientale e quindi esperti di lingua greca.
Il cavaliere era colui a cui era affidata l’educazione militare e civile del giovane rappello,preparandolo leggere e comprendere testi che ,nell’esercizio delle sue future funzioni,avrebbe dovuto trattare e magari firmare;così facendo ad esso si forniva una buona cultura letteraria.




L'insegnamento era basato su due livelli di istruzione:
- 1° livello: studio della grammatica e del latino e imparavano a leggere e scrivere
2° livello: scuola dell'abaco considerata la più importante in ambito mercantile


Dopo aver frequentato entrambi i livelli di istruzione potevano accedere alle università dove gli studenti e i professori si univano insieme formando delle associazioni con proprie regole approvate dall'Imperatore, dal Papa e dal Re.

La lingua utilizzata negli elaborati scritti doveva essere assolutamente il latino che però non era utilizzata per il parlato.
Leggevano e spiegavano i testi di autori greci, latini e testi biblici. Inoltre non potevano avere idee personali e non potevano condividerle e commentarle nelle classi.

Le università più importanti e antiche sono:



1.
Università di Bologna: è l'università più antica d'Europa famosa per gli studi di diritto e fu fondata nel 1088.
2. 

Università di Parigi: fondata nel XI secolo famosa per gli 
studi di teologia
3.

Università di Salerno: fondata tra il XI e il XII secolo famosa per gli studi di medicina. In questa università nacque la "scuola medica salernitana"



Pedagogia Scuole e università 

La rinascita del XII secolo d le scuole San Vittore
Nel XII secolo la situazione della scuola inizia a cambiare. Mentre iniziano a scomparire le scuole parrocchiali, sorgono nuove scuole religiose, affidate a benedettini e a domenicani. Ed iniziano a sorgere le prime scuole laiche private e comunali. In genere in ogni scuola insegnava un solo maestro, che poteva avere più di 100 allievi. Durante il XIII secolo iniziano a diffondersi le scuole laiche secondarie, rivolte agli alunni che già sapevano leggere o scrivere: le scuole d'abaco erano destinate allo studio della matematica, mentre le scuole di grammatica allo studio della lingua latina e alla lettura di autori classici e medievali. Nel corso del XIII secolo sono state inoltre istituite le prime università.


La scuola di Chartres e San Vittore 


Le due più celebri scuole medievali del XII secolo sono quella di Chartres e quella di San Vittore, entrambe in Francia. A Chartres, nel 980, il vescovo Fulberto decide di fondare una vera e propria scuola episcopale dove insegnare, oltre alla teologia e alla filosofia, le sette arti liberali (quelle del trivio - grammatica, retorica e dialettica - e quelle del quadrivio - artimetica, geometria, astronomia e musica), il cui studio sarà fondamentale per la formazione 

dei maggiori pensatori medievali. Tra essi possiamo ricordare: Bernardo di Chartres, Teodorico di Chartres, 

Guglielmo di Conches, Gilberto Porretano e Bernardo di Tours. Centro di studi scientifici, Chartres spicca nel 
panorama medievale, in genere più disinteressato alle 

scienze rispetto a quanto precedentemente avvenuto nei regni ellenistici. Nel medioevo, infatti, l'economia, di stampo feudale, si basa sulla sussistenza, la religione si fonda sull'onnipotenza divina e anche la dimensione umana si riduce all'attesa escatologica della vita oltre la morte: tutti elementi che contribuiscono ad allontanare la scienza dalla cultura ufficiale.

Didascalicon


La lezione era fondata sull’approccio diretto alle fonti. I primi libri presentano le scienze più vicine alla vita materiale (arti meccaniche) come anche le discipline del trivio (grammatica, dialettica e retorica), e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia). Il pensiero di Ugo si organizza intorno all’idea dell’unità essenziale dei saperi e dell’essere umano che il peccato originale delle origini ha spezzato e che bisogna ricostruire. La sua pedagogia si applica a quest’essere umano decaduto, cercando di restituirgli l’immagine e la somiglianza con Dio. L’uomo potrà ricostruire la sua integrità originaria mediante la ricerca della verità e l’esercizio delle Virtù. Le arti del trivio e del quadrivio hanno come fine di condurre e orientare la persona a un sapere più elevato, quello della lettura meditata della Sacra Scrittura. Gli ultimi libri del Didascalicon intendono guidare lo studente in questa impresa. È qui il punto di arrivo e il luogo della restaurazione dell’immagine di Dio. i consigli morali che si trovano nell’opera, hanno lo scopo di assicurare il corretto esercizio delle scienze e di orientare alla contemplazione della verità. Questi consigli etici per l’approccio allo studio, specialmente all’umiltà, come condizione preliminare e orizzonte dentro il quale è reso possibile un viaggio spirituale nel campo del sapere umano. Essa descrive un atteggiamento di apertura della mente e del cuore a saper leggere i semi di verità che ci sono in tutte le cose e in tutte le persone, aprendo lo spirito alla curiosità vera e al dialogo con tutti. Per Ugo  tutte le cose e tutti gli enti, chiamati all’esistenza dalla volontà del creatore, sono l’espressione storica e concreta di un progetto dell’intelligenza divina. 


Le prime scholae

Nella schola si insegnava a leggere le autorità, a conoscerne a memoria i passi più importanti e a saperli commentare. Questo metodo di studio consisteva nell’analisi grammaticale e successivamente nell’interpretazione del testo (cercando il sensus). Il maestro era disposto a rispondere alle domande dei suoi allievi, ma non potevano essere avanzate ipotesi contraddittorie con la religione o messi in dubbio i suoi concetti.


I sensi nella vita prenatale è il ruolo della madre 


Prima che il bambino cominci a parlare, saranno i suoi 5 sensi a guidarlo, ad insegnargli ad entrare in relazione con sé stesso e con gli altri. Sfatiamo, infatti, una diffusa credenza: i bambini, sin dalla nascita, sono dotati di un sistema sensoriale assolutamente funzionante e capace di metterli in relazione con l’ambiente circostante. Certo non tutti i sensi sono pienamente sviluppati, ma tale processo avviene in maniera molto rapida.


Il tatto          
Prendiamo i sensi, per esempio. "Quello che si sviluppa per primo, e lo fa già in utero, è il tatto", afferma Rapisardi. Non a caso è sempre più riconosciuta l'importanza del contatto fisico, pelle a pelle, con il piccolino subito dopo il parto, per esempio per favorire l'avvio dell'allattamento al seno.  "Oltre alla sensibilità tattile, anche quella dolorifica è ben sviluppata, mentre non lo è  altrettanto quella termica" precisa il neonatologo. Del resto, in utero il bimbo era esposto a una temperatura costante - con fluttuazioni massime di un grado - per cui dopo la nascita deve abituarsi a una temperatura differente (case e ospedali sono in genere più freschi dell'utero materno!) e a sbalzi termici significativi. 
Gusto e olfatto       

Già dalla metà della gravidanza, il feto distingue e riconosce odori e sapori del liquido amniotico, dunque gusto e olfatto sono altri sensi ben sviluppati. Dopo la nascita sarà in grado di riconoscere certi sapori, ritrovandoli nel latte di mamma. "Ecco perché la mamma può tranquillamente continuare a mangiare quello che mangiava in gravidanza", sottolinea Rapisardi. "Se è abituata a spezie piccanti, non c'è motivo che smetta di usarle: il suo bambino le conosce e riconosce già”

Udito         





Anche in questo caso parliamo di un senso che si sviluppa durante la vita uterina: "Già verso la fine del secondo trimestre, a 25-26 settimane, il bimbo reagisce ai suoni, per esempio girando la testa verso la fonte sonora o rallentando il movimento se sente una voce interessante come quella della mamma o, al contrario, girando la testa dall'altra parte o sobbalzando se sente un rumore brusco e inaspettato".


E lo stesso accade dopo la nascita: "Molti studi mostrano che il piccolo è perfettamente in grado di riconoscere voci e suoni ai quali era abituato, come la voce della mamma, del papà o di eventuali fratellini, oppure musiche ascoltate dalla mamma".
Il pianto dei neonati non è universale 




Vista            

Anche se è il senso meno sviluppato - e d'altra parte nella pancia della mamma non si può vedere nulla - ci sono comunque delle abilità minime: "Un neonato a termine può mettere sufficientemente bene a fuoco a circa 20-30 centimetri di distanza, proprio la distanza che c'è tra il seno e il volto della mamma".

















sabato 22 settembre 2018

I riflessi neonatali sono reazioni automatiche del neonato che scompaiono con la maturazione del sistema neuronale.


Riflesso di moro (o riflesso di abbraccio) Sollevando il bambino dal piano prendendolo sotto la schiena e rilasciandolo successivamente, quando lo si tira per i piedi o si picchia sul cuscino dove è appoggiata la testa, si scatena una risposta riflessiva divisa in due momenti. Prima il bambino ha una brusca estensione e abduzione delle braccia, successivamente allarga le dita a ventaglio e gli arti superiori descrivono un arco di cerchio, come se fosse un abbraccio, per poi ritornare allo stato di flessione-adduzione. Il riflesso scompare prima dei 6 mesi.




Riflesso di raddrizzamento





Tenendo il neonato sostenuto verticalmente in modo che le piante dei piedi poggino su un piano, si manifesta un 



























riflesso d’estensione e raddrizzamento delle gambe e del tronco. Con un effetto “onda” dal basso all’alto, vengono 

interessate la caviglia, il ginocchio, l’anca, il tronco ed infine la testa. Questo scompare verso i 2-3 mesi.

Riflesso di deambulazione automatica
Il bambino tenuto eretto e appoggiato con i piedi, se inclinato in avanti mantenendo l’appoggio con leggera pressione, dimostrerà risposte automatiche di estensione e flessione delle gambe, riproducendo l’automatismo della camminata. Il riflesso scomparirà a 2 mesi automatica
Il bambino tenuto eretto e appoggiato con i piedi, se 
inclinato in avanti mantenendo l’appoggio con leggera pressione, dimostrerà risposte automatiche di estensione e flessione delle gambe, riproducendo l’automatismo della camminata. Il riflesso scomparirà a 2 mesi.




Riflesso di prensione o Grasping-Reflex
Stimolando il palmo della mano con un dito o un oggetto allungato, si genera una reazione di presa a pugno senza flessione del pollice. Se di una certa intensità si può giungere a sollevare il bambino dal piano per qualche istante. Scompare verso i 9-10 mesi con l’inizio della capacità di rilassamento volontario.






Riflesso di suzione e deglutizione
Lo sfioramento all’angolo della bocca , provoca la rotazione della testa in direzione dello stimolo (cercamento), in seguito le labbra e la lingua effettuano una reazione di avvicinamento allo stimolo. La lingua si ritira, le labbra si chiudono e avviene la suzione. La fase di cercamento scompare verso i 3-4 mesi, mentre il riflesso di suzione al 10-11 mese.
Il riflesso di 
deglutizione si scatena con il
contatto dell’alimento con la parete della faringe. È un riflesso di tipo definitivo.





Riflesso tonico asimmetrico del collo
Con le rotazione laterale della testa del neonato posto supino si determina una variazione del tono degli arti superiori con l’estensione dell’arto facciale e flessione di quello nucale. Dura solo nelle prime settimane.





Psicologia:che cosa studia la psicologia dello sviluppo





La Psicologia dello Sviluppo, un tempo chiamata psicologia infantile o psicologia dell'età evolutiva, riassume i temi di fondo che riguardano le problematiche della crescita e della maturazione della persona umana. Si tratta di un tema centrale all'interno di un sapere che si interessa del problema dell'educazione e che viene affrontato, a livello universitario, non solo nelle Facoltà di Psicologia e  di Scienze dell'Educazione o della Formazione, ma anche nelle Facoltà in cui si coltivano le scienze umane, come la filosofia, la sociologia, la medicina, ecc. 

La Psicologia dello Sviluppo è una disciplina che, all'interno delle scienze psicologiche, si occupa dello studio delle continue modificazioni e cambiamenti che, a livello fisico, emotivo, affettivo, relazionale, cognitivo e comportamentale, si verificano nella persona umana, nelle diverse stagioni della vita. 


Lo studio dello sviluppo umano ha come obiettivo quello di scoprire, tra i complessi fenomeni che si possono osservare, alcuni processi comuni che si presentano costanti nell'intero arco della vita (life-span development) e individuarne i fattori principali che lo determinano. Lo sviluppo umano, infatti, si presenta come un processo complesso, come la risultante di molti fattori da quelli biologici a quelli sociali e culturali, dalla nascita alla vecchiaia.



L’universo del bambino prima della nascita 

Il bimbo prenatale è continuamente stimolato da suoni, rumori, voci, odori provenienti dalla cavità endouterina o dall’ambiente esterno. Il liquido amniotico e la placenta sono i primi trasmettitori e conduttori delle stimolazioni colte dal feto (Nathanielsz). Il bimbo endogestazionale è quindi dotato della capacità di ricevere stimoli e di entrare in contatto con il mondo; questi stimoli determinano la crescita neurofunzionale, cerebrale e motoria del feto. La respirazione veloce, che si ha quando la madre fuma, è considerata come uno sforzo da parte del feto per procurarsi sufficiente ossigeno. Questi fatti mostrano che la respirazione è uno dei primi comportamenti ad essere influenzati dallo stile di vita e dal grado di cultura della madre.



Il rumore principale percepito in ambiente uterino, quello del battito cardiaco della madre, nei mesi in cui è podalico le orecchie sono a diretto contatto col muscolo cardiaco materno, nei mesi in cui è in posizione cefalica avverte la pulsazione dell’arteria cardiaca uterina; sempre comunque il bimbo è avvolto dalla vibrazione del liquido amniotico prodotta dal pulsare cardiaco materno. È probabile che il feto prediliga alcune musiche piuttosto che altre e che si muova in modo diverso a seconda delle sue preferenze. 

Interessanti sono gli studi sull’effetto del rumore cardiaco sul feto e sul neonato. Murooka ha dimostrato che il feto ‘memorizza’ il ritmo cardiaco materno che, se registrato e riproposto dopo la nascita, ha una funzione rilassante. De Casper e Sigafoos (1983) hanno osservato che il movimento del neonato aumenta o diminuisce se ascoltano il battito cardiaco di gestante in stato di agitazione o in stato di rilassamento. 




La psicologa Frances Rauscher ha dimostrato come l’ascolto prenatale di Mozart e di altri compositori barocchi potesse essere associato ad un incremento delle competenze spazio-temporali nel corso della vita. Un’altra ricerca ha dimostrato che la musica classica, in particolare i movimenti lenti delle composizioni barocche o in stile barocco con la ricchezza melodica che le contraddistingue e il loro ritmo di 55-70 battiti al minuto, sposta il cervello da uno stato b di iperattività ad uno stato a di vigilanza e rilassamento. La musica classica stimola il rilascio di endorfine e riduce il livello degli ormoni dello stress nel sangue, dando beneficio sia alla madre che al bambino.



Donald Shetler, Università di Rochester, osserva che i bambini esposti alla musica in utero manifestano capacità linguistiche superiori. Questi ‘mostrano comportamenti molto attenti, imitano con accuratezza i suoni degli adulti e strutturano la vocalizzazione prima rispetto al gruppo di controllo’.



Réné Van De Car (California) ha fondato l’Università Prenatale dove, in base alle sue osservazioni circa risposte tattili coerenti del bimbo in utero, si insegna al feto a ‘fare attenzione’ e a migliorare uno spettro di capacità intellettuali. La prima lezione (circa quarto mese di età gestazionale) verte sull’insegnamento ai genitori di rispondere al calcetto del bimbo con una pressione della mano nel punto in cui si è avvertito il calcio, come respingendo il piedino. Dopo qualche tempo, dando un colpetto al ventre il bimbo risponderà con un calcio, due colpetti due calci. 



Al settimo mese di gestazione si insegnano ai nascituri alcune parole pat, rub, shake, che vengono pronunciate compiendo sul ventre l’azione alla quale corrispondono; a queste vengono aggiunte le parole hot, wet, eye da usare subito dopo il parto. I bimbi sottoposti a questi esercizi dimostravano di saper parlare prima, di essere più vigili e di sapere sollevare la testa prima rispetto al gruppo di controllo. Questi stessi bimbi in età scolare raggiungevano risultati migliori ed erano socialmente più competenti rispetto ai coetanei. 



Riporto questi studi a dimostrazione della capacità di apprendimento del feto e dell’influenza dell’ambiente su di lui; nonostante questo però penso non sia corretto relazionarsi col proprio bimbo nell’ottica di farlo divenire ‘geniale’ o ‘migliore’. La corretta relazione sta nel rispetto. 



Suoni, ritmi ed altre forme di stimolazione agiscono nella formazione del feto anche nel senso fisico della parola. Mariah Diamond (UCLA) ha dimostrato che topi femmine gravide alloggiate in un ambiente più vario e ricco producevano una prole dotata di cervelli di maggiori dimensioni. 



In Asia, da secoli, fa notare la scienziata, si stimola la gravida ad arricchire il feto con comportamenti positivi e di evitare atteggiamenti rabbiosi. Andrée Bertin propone alle madri in gravidanza di vestire e tappezzare le pareti di casa con colori chiari, vivi e luminosi perché questi colori hanno effetto benefico sulla crescita delle cellule e sugli organi del nascituro. A questo proposito riporto ‘I colori dell’attesa’ di Gino Soldera.



- Rosso: rappresenta tutto ciò che concerne la vita e la sua affermazione attraverso l’azione, la lotta, ecc. È anche in relazione con l’autorità e la volontà. Inoltre rappresenta l’amore per gli esseri viventi. Interessa la muscolatura striata e volontaria e gli organi della riproduzione;

- Arancione: colore dell’estroversione sentimentale, della nobiltà, della santità, della purezza e dell’unità della vita. Sviluppa il desiderio di perfezione, di benessere e di salute. È in relazione con il sistema circolatorio;

- Giallo: colore del sole e dell’oro. Simboleggia la luce, la gioia, l’ottimismo, la chiarezza, il cambiamento e l’energia;

- Verde: colore della crescita, dello sviluppo e dell’evoluzione. Il verde dona equilibrio e stabilità, però al tempo stesso è il colore della speranza e della ricchezza. Corrisponde all’apparato digerente e alla muscolatura liscia;

- Blu: colore della verità, della fede e della religiosità. Dona armonia, pace e serenità. Lo potremmo definire il colore dell’affettività, della tenerezza e della musicalità. Il suo organo è la pelle e influenza il sistema respiratorio;

- Indaco: colore della forza interiore, della dignità, della regalità e della giustizia. Porta verso il mondo delle astrazioni e delle cause: agisce sul sistema osseo; 

-Viola: è il colore mistico, della creatività, della fantasia e della sensibilità. Rappresenta il coraggio, il sacrificio e la spiritualità. Il viola è in relazione con il sistema endocrino;

- Bianco: espressione del dissolversi, della fuga e della liberazione. Rappresenta la libertà assoluta, aperta a tutte le possibilità. È il riflesso dell’Assoluto. Manifesta anche la purezza e l’inizio di ogni cosa;

- Nero: colore del blocco, della difesa e della negazione. Nero è anche il colore dell’opposizione, del buio e della morte. In certi casi può essere in relazione con certe forme di eleganza. Il bianco stimola l’attività delle cellule dell’organismo, il nero la deprime.

Una delle capacità sensoriali che si sviluppa già in epoca embrionale ma in particolare dalla nona settimana di gestazione è l’olfatto, organo di senso altamente specializzato nella comunicazione con l’interno e con l’esterno. Particolarmente interessanti sono le osservazioni di Soldera circa la sensazione olfattiva nella relazione madre/bambino. Il bimbo in utero è immerso in una molteplicità di stimoli olfattivi che formeranno la sua ‘memoria olfattiva’; questo è importante per il piccolo circa il riconoscimento del nuovo ambiente. Il feto può sperimentare una comunicazione olfattiva interna ed una esterna. Quella interna si riferisce strettamente al rapporto madre-nascituro, allo stato simbiotico. Ogni esperienza della madre in gravidanza diventa esperienza del figlio, occasione per lui di apprendimento, crescita e maturazione. ‘Questa modalità di relazione madre-figlio accresce la sensibilità olfattiva e quindi la capacità di vivere ed essere in questi odori…’ (Soldera). Il ricordo che deriva dalle sensazioni olfattive è generalmente quello che lascia ‘emergere condizioni emotive complesse che trascinano con se e sintetizzano sensazioni visive e uditive’ (Soldera). 



L’altra modalità di comunicazione olfattiva fetale è quella esterna. L’olfatto è determinato da un meccanismo chimico che non trova opposizione nel corpo della madre e che dipende dai recettori sensibili del feto a determinate molecole gassose. Il feto percepisce da solo ciò che avviene nell’ambiente esterno, dimostra la sua indipendenza e autonomia.



Un’essenza o un profumo posti sul ventre possono venire percepiti e fatti propri dal nascituro. Il bimbo reagisce e fa sentire il suo vissuto individuale di piacere o dispiacere che trasmette e comunica alla madre.

domenica 16 settembre 2018

Il cambiamento del punto di vista

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Durante l’Ottocento gli antropologi si avvalevano delle testimonianze di viaggiatori ,missionari,esploratori,militari e funzionari coloniali.
Alla fine dell’Ottocento è l’inizio del Novecento,gli antropologi iniziarono a recarsi personalmente presso i popoli interessati ,quindi ebbero i primi contatti diretti con le popolazioni primitive.

Per l’antropologia il senso di incompletezza viene colmato dalla comunicazione con gli altri componenti del gruppo,ovvero che l’essere umano viene indirizzato a determinati pensieri,determinate azioni ,dai simili che gli stanno attorno;quindi deve anzitutto adottare comportamenti e ragionamenti che siano riconoscibili dagli altri.

Altri concetti esplicati dall’antropologia sono i modelli culturali e l’educazione.
La cultura presenta la tendenza all’organizzazione interna,questa organizzazione si attua attraverso i modelli culturali ;ovvero ciò che guida i nostri atteggiamenti pratici e mentali.
Quindi i modelli culturali sono strettamente correlati al comportamento e viceversa.

L’educazione:vi sono dei concetti da noi acquisiti,che non si trovano nella nostra mente quando veniamo al mondo,ma sono appresi ,interiorizzati attraverso l’educazione.
L’educazione avviene in due modalità :•esplicita:ovvero quando un’azione viene impartita 
implicita:ovvero quando gesti,modi di dire,sono appresi spontaneamente ,attraverso la vista e l’udito.



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L'antropologia , nata come disciplina interna alla biologia, ha acquisito in seguito anche un importante valore umanistico. Essa studia l'essere umano sotto diversi punti di vista: sociale, culturale, morfologico, psicoevolutivo, sociologico, artistico-espressivo, filosofico-religioso e in genere dal punto di vista dei suoi vari comportamenti all'interno di una società.
L'antropologia culturale è uno dei campi dell'antropologia, lo studio olistico dell'umanità. In particolare essa è la disciplina che ha promosso e sviluppato la cultura come oggetto di studio scientifico; essa è anche il ramo dell'antropologia che studia le differenze e le somiglianze culturali tra gruppi di umani.
I concetti su cui si basa l'antropologia culturale sono in parte dovuti a una reazione contro la passata concezione occidentale basata sull'opposizione tra natura e cultura, secondo la quale alcuni esseri umani sarebbero vissuti in un ipotetico "stato naturale". Gli antropologi si oppongono a questa visione, in quanto la cultura fa in realtà parte della natura umana: ogni persona ha infatti la capacità di classificare le proprie esperienze, di codificare simbolicamente tali classificazioni e di insegnare tali astrazioni ad altri. Poiché la cultura viene appresa, le persone che vivono in luoghi differenti avranno differenti culture. Gli antropologi hanno inoltre sottolineato che attraverso la cultura le persone possono adattarsi al proprio contesto ambientale in modi non-genetici, cosicché persone che vivono in contesti ambientali diversi avranno spesso culture differenti, anzi, addirittura elementi comuni che tra le culture hanno quasi sicuramente significati diversi.
La scienza dell’antropologia nacque durante l’illuminismo alla fine del XVII-XVIII sec;secondo quest’ultimi vi era una teoria ,ovvero vi era un’unità del genere umano,unica specie costituita da individui potenzialmente dotati.
L’ANTROPOLOGO CULTURALE studia l’essere umano nelle sue caratteristiche storiche, culturali, linguistiche, sociali, economiche, geografiche ed etnologiche e applica i risultati delle sue analisi in svariati ambiti, evidenziando linee evolutive, strutture sociali, comportamenti, modalità di agire collettivo.
L’ANTROPOLOGO CULTURALE, si occupa anche di mediazione e comunicazione interculturale, di attività di divulgazione scientifica, di progetti socio-sanitari e socio culturali. Studia le reti di relazioni sociali, gli usi e i costumi delle popolazioni, gli schemi di parentela, le ideologie, i sistemi religiosi e le credenze, gli schemi di comportamento, i modi di produzione – consumo - scambio dei beni, le relazioni di potere, i sistemi simbolici e estetici; può realizzare progetti di recupero, tutela e valorizzazione del patrimonio demo-etno-antropologico, progetti di innovazione produttiva ed economica.

Le principali conseguenze dovute al contatto fra la nostra civiltà ed altre civiltà arretrate sono perlopiù dovute a malattie le quali potrebbero dimostrarsi fatali per mancanza di anticorpi;un’altra conseguenza inevitabile sarebbe quella di modificare usi e costumi nonostante un radicamento di queste consuetudini.

L'antropologia , nata come disciplina interna alla biologia, ha acquisito in seguito anche un importante valore umanistico. Essa studia l'essere umano sotto diversi punti di vista: sociale, culturale, morfologico, psicoevolutivo, sociologico, artistico-espressivo, filosofico-religioso e in genere dal punto di vista dei suoi vari comportamenti all'interno di una società.
L'antropologia culturale è uno dei campi dell'antropologia, lo studio olistico dell'umanità. In particolare essa è la disciplina che ha promosso e sviluppato la cultura come oggetto di studio scientifico; essa è anche il ramo dell'antropologia che studia le differenze e le somiglianze culturali tra gruppi di umani.
I concetti su cui si basa l'antropologia culturale sono in parte dovuti a una reazione contro la passata concezione occidentale basata sull'opposizione tra natura e cultura, secondo la quale alcuni esseri umani sarebbero vissuti in un ipotetico "stato naturale". Gli antropologi si oppongono a questa visione, in quanto la cultura fa in realtà parte della natura umana: ogni persona ha infatti la capacità di classificare le proprie esperienze, di codificare simbolicamente tali classificazioni e di insegnare tali astrazioni ad altri. Poiché la cultura viene appresa, le persone che vivono in luoghi differenti avranno differenti culture. Gli antropologi hanno inoltre sottolineato che attraverso la cultura le persone possono adattarsi al proprio contesto ambientale in modi non-genetici, cosicché persone che vivono in contesti ambientali diversi avranno spesso culture differenti, anzi, addirittura elementi comuni che tra le culture hanno quasi sicuramente significati diversi.
La scienza dell’antropologia nacque durante l’illuminismo alla fine del XVII-XVIII sec;secondo quest’ultimi vi era una teoria ,ovvero vi era un’unità del genere umano,unica specie costituita da individui potenzialmente dotati.
L’ANTROPOLOGO CULTURALE studia l’essere umano nelle sue caratteristiche storiche, culturali, linguistiche, sociali, economiche, geografiche ed etnologiche e applica i risultati delle sue analisi in svariati ambiti, evidenziando linee evolutive, strutture sociali, comportamenti, modalità di agire collettivo.
L’ANTROPOLOGO CULTURALE, si occupa anche di mediazione e comunicazione interculturale, di attività di divulgazione scientifica, di progetti socio-sanitari e socio culturali. Studia le reti di relazioni sociali, gli usi e i costumi delle popolazioni, gli schemi di parentela, le ideologie, i sistemi religiosi e le credenze, gli schemi di comportamento, i modi di produzione – consumo - scambio dei beni, le relazioni di potere, i sistemi simbolici e estetici; può realizzare progetti di recupero, tutela e valorizzazione del patrimonio demo-etno-antropologico, progetti di innovazione produttiva ed economica.

Le principali conseguenze dovute al contatto fra la nostra civiltà ed altre civiltà arretrate sono perlopiù dovute a malattie le quali potrebbero dimostrarsi fatali per mancanza di anticorpi;un’altra conseguenza inevitabile sarebbe quella di modificare usi e costumi nonostante un radicamento di queste consuetudini.

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