mercoledì 5 giugno 2019




Erving Goffman





Sociologo Canadese, compì i suoi studi prima a Toronto e poi a Chicago, dove resterà affascinato e influenzato dagli studi della famosa scuola capeggiata da R.E. Park. 

Allievo di G.H. Mead, Goffman cerca di correggere gli errori dell’interazionismo simbolico, soprattutto riguardo l’omogeneità dei contesti come presente nella sua formulazione originaria. 
Egli ritiene che l’interazione simbolica, ossia lo scambio di segni e significati tra gli attori, sia al centro della vita sociale e si svolga all’interno di contesti di vita differenti che rimandano a segni e significati differenti. 

Inserito entro uno schema concettuale fenomenologico dove l’agire quotidiano viene visto come rappresentazione teatrale del sé, i diversi contesti di vita si presentano quindi come altrettanti palcoscenici che richiedono strategie comportamentali diverse. Strategie messe in atto dagli individui per mostrarsi agli altri: la sociologia di Goffman studia proprio queste strategie all’interno del contesto specifico (il frame). 

E’ dunque interessato alle relazioni di ogni giorno, alle interazioni praticate degli attori per poter rendere lo spazio abitabile, a quella che è stata definita micro-sociologia,. 

Uno tra i suoi studi più famosi è quello sulle reazioni dei pazienti alle strutture burocratiche di un ospedale psichiatrico, per il quale trarrà informazioni osservando direttamente i pazienti all'Istituto d'igiene mentale di Washington. 

Altri suoi studi riguardano le forme del discorso o la rappresentazione del sé nella vita metropolitana. I suoi lavori si presentano sempre ricchi di dettagli e particolari che rendono le sue opere uno specchio della vita di ogni giorno. Criticato per il suo s
carso rigore metodologico positivista, Goffman si iscrive in quella tradizione etnografica iniziata dalla scuola di Chicago. 

Rappresenta ancora oggi uno dei contributi più originali e innovativi della sociologia moderna e le sue intuizioni sulla teatralità della vita costituiscono uno dei capisaldi della disciplina. 

Tra le sue opere più note: The Presentation of Self in Everyday Life (1956), Asylums: Essays on the Social Situation of Mental Patients and Other Inmates.(1961), Behavior in Public Places: notes on the social organization of gatherings (1963), Stigma: Notes on the Management of Spoiled Identity (1963), Frame analysis: An essay on the organization of experience (1974), Form of Talk (1981).

domenica 13 gennaio 2019


LO SVILUPPO EMOTIVO ED AFFETTIVO

 Significato e funzioni delle emozioni
L’emozione è un allontanamento dal normale stato di quiete dell’organismo a cui si accompagnano specifiche reazioni fisiologiche interne connesse alle diverse risposte (gioia, tristezza, paura, ecc.) e impulso all’azione. Ha quindi contemporaneamente una dimensione fisiologica, motivazionale,
cognitiva e comunicativa, sia a livello individuale che sociale.

 a livello cognitivo il pensiero valuta il significato delle emozioni e guida l’individuo a far fronte all’evento che le ha scatenate
 a livello motivazionale il comportamento viene orientato in base ai desideri ed agli scopi: in genere vengono evitati gli eventi spiacevoli e ricercati attivamente quelli piacevoli
 a livello espressivo e comunicativo è difficile inibire la manifestazione delle emozioni, che dipende dai muscoli facciali ed è comune a tutti gli esseri umani
 a livello sociale le emozioni non si presentano mai senza una ragione: per provarle devono realizzarsi specifiche condizioni, causate dalle azioni degli altri o dagli eventi in generale.

Principali teorie sullo sviluppo delle emozioni

La teoria della differenziazione emotiva

La teoria della differenziazione emotiva
Negli anni ’30 Bridges studiò in un orfanotrofio di Montreal le risposte fisiologiche di bambini da un mese a due anni di età. Le sue ricerche, successivamente rielaborate da Sroufe, hanno originato la teoria della differenziazione emotiva, che correla lo sviluppo emotivo precoce a quello cognitivo e sociale:sistema piacere- gioia caratterizza i primi due mesi di vita e determina uno stato di benessere
generale.
Precursori tipici di questa fase: risposte piacevoli
 sistema frustrazione- rabbia
precursori tipici: segni di disagio dovuti a fame, sonno, limitazione dei
 sistema circospezione-paura precursori tipici: reazioni
di trasalimento e pianto
     lo sviluppo del sistema piacere-gioia è relativamente rapido: a 3 mesi il bambino sa indirizzare il sorriso verso persone o oggetti (sorriso sociale)
a 4 mesi presenta riso attivo e gioia
Durante il processo di progressiva differenziazione, i precursori emotivi non si annullano del tutto, ma possono riemergere in condizioni di forte stress.

La teoria differenziale delle emozioni 

A differenza della teoria precedente, la teoria differenziale delle emozioni elaborata da Izard e colleghi sostiene che il neonato possieda fin dall’inizio un repertorio di emozioni fondamentali e differenziate, basate su programmi innati e universali.
Izard individua nove emozioni di base:
interesse gioia tristezza disgusto sorpresa collera disprezzo paura
intorno ai 5-6 mesi
diventano evidenti le reazioni di delusione e insoddisfazione, che nel II semestre evolvono in risposte di rabbia e collera
 le indistinte reazioni di disagio intorno ai 4 mesi si distinguono in disappunto e sorpresa, suscitate da stimoli che possono intimorire; successivamente compaiono emozioni più evidenti di circospezione
 2
vergogna
Alcune di esse sono già presenti alla nascita, altre emergono nel corso dello sviluppo. L’emozione non consiste semplicemente nella risposta ad uno stimolo, ma costituisce una forma di organizzazione innata che motiva affetti e comportamento; dalla sua rigida forma iniziale essa evolve rapidamente verso forme più flessibili sotto la spinta delle relazioni e della socialità. Le emozioni hanno dunque un forte valore comunicativo.
La teoria è definita differenziale perché ogni emozione si manifesta attraverso specifiche configurazioni vocali e facciali.
Nel primo e nel secondo mese di vita il neonato manifesta le emozioni negative e positive (interesse, disgusto, trasalimento) essenzialmente per comunicare i propri bisogni e non per stabilire un contatto
con le figure di accudimento.
In una seconda fase, che inizia intorno al terzo mese, caratterizzata da più evidenti processi percettivo-affettivi, il bambino comincia a rivolgere la sua attenzione verso le persone e gli oggetti: emergono allora emozioni derivanti da eventi inattesi (sorpresa), o reazioni ad ostacoli (collera, paura).
A partire da nove mesi, con lo sviluppo dei processi cognitivo-affettivi, il bambino acquisisce una maggiore consapevolezza di sé e dell’ambiente che lo circonda e manifesta timidezza, vergogna e paura, che lo aiutano a crescere.
Dal secondo anno di vita i bambini imparano a mostrare ciò che provano, in accordo alle regole sociali: diventano perciò capaci di esagerare, minimizzare, nascondere o simulare le manifestazioni emotive.
L’approccio funzionalista
Campos e colleghi osservano che le emozioni hanno la funzione di regolare il rapporto tra organismo e ambiente. La loro teoria presuppone che tutte le emozioni di base, e non solo alcune, siano già presenti alla nascita. Sono considerate come sistemi di azione finalizzati a soddisfare bisogni adattivi e vengono raggruppate in famiglie di emozioni che mirano allo stesso obiettivo.
7.3 Sviluppo delle emozioni
Non c’è accordo tra i ricercatori su quali siano le emozioni di base. Alcuni, come Campos, le raggruppano in famiglie.
Secondo Izard, per essere considerata primaria (o di base) un’emozione deve possedere determinate caratteristiche, tra cui uno specifico substrato neurale ed una particolare configurazione facciale.
Diventano importanti, in questo senso, gli studi sulle espressioni emotive del neonato, che hanno confermato la tesi dell’universalità delle manifestazioni emotive, anticipata dallo stesso Darwin.


Emozioni e interazione sociale
Le emozioni regolano le relazioni affettive e ne sono i mediatori cognitivi: il bambino apprende precocemente le regole di questo “gioco” relazionale, prima ancora, secondo Trevarthen, di saper afferrare gli oggetti o di rappresentarseli.
In quanto segnali indispensabili per regolare la comunicazione, le emozioni sono anche mediatori sociali. Fin dall’inizio le madri attribuiscono un’intenzionalità emotiva alle manifestazioni del bambino, rispondendo in modo appropriato ai suoi segnali (= scaffolding), anche quando si tratta soltanto di risposte automatiche.
In generale, attraverso la socializzazione delle emozioni (= attribuzione di significato agli eventi che stimolano le emozioni) il bambino apprende dagli adulti del suo ambiente quali siano le condotte emotive appropriate al contesto e quali siano i modi appropriati per fronteggiarle, esprimerle o modificarle. In questo senso, l’azione dell’adulto orienta e canalizza le emozioni in accordo con le regole e le aspettative sociali e culturali.
Quindi, le emozioni acquistano significato all’interno delle relazioni affettive e sono strettamente legate ad esse.
In particolare, gli scambi emotivi che si stabiliscono tra bambino e figura di riferimento (madre) sono determinanti per lo sviluppo del bambino.

domenica 7 ottobre 2018

Pedagogia
Maestri e allievi 



Lectio




Nella scolastica medievale, la disputa è, con la lectio,parte di alcuni metodi onnipresenti ed essenziali dell'insegnamento e della ricerca, oltre che una
tecnica d'esame nelle università dei primi anni del XIII secolo. Poi, a poco a poco il termine assume il significato di "dibattito a sfondo teologico", prima svolto fra ebrei e cristiani, poi nel periodo della riforma protestante, fra cattolici  e protestanti.

Una delle due forme (l’altra è la disputatio) che assumeva l’insegnamento nelle scuole medievali e nelle università fino a tutto il Rinascimento. Consisteva nella lettura, seguita da commento, delle opere di alcuni auctores: per l’insegnamento del trivio, Donato, Cicerone,Prisciano ecc.; per la filosofia, Aristotele (tenendo presenti i commentatori greci e arabi, soprattutto Averroè); per la medicina Galeno, il Canon di Avicenna ecc.; per la teologia le Sentenze di Pietro Lomabardo e la Bibbia. Il maestro si chiamava quindi lector e l’insegnamento si esprimeva con il verbo legere.

QUAESTIONES

Le quaestiones erano esercitazioni scolastiche con le quali i professori testavano la preparazione degli studenti su problemi teologici e sui temi e le categorie del diritto romano . Strumento scolastico- dialettico, la quaestio veniva articolata in maniera tale da stimolare la discussione tra gli studenti che prendevano posizioni differenti. La questio poteva infatti essere definita come la dimostrazione per mezzo della ragione, in cui si risolvevano i contrasti relativi a testi di studio.
Essa si avvaleva dell'uso della dialettica e divenne un metodo d'indagine e insegnamento nel campo della Teologia e della Filosofia, la parte più importante 
dell'insegnamento insieme alla lectio dei brani, in cui il 
maestro trasmetteva il sapere appreso.

DISPUTA 




Nello scolasticismo , il sistema di istruzione del Medioevo, la disputa : è una modalità formale di dibattito utilizzata per elaborare e dichiarare teorie e leggi in teologia e in scienza . Il processo richiede una completa comprensione dell'argomento su cui verte la disputa e si basa sulla messa in discussione dei tradizionali scritti delle autorità 
In origine, la disputa è organizzata come una discussione orale, generalmente pubblica, tra più interlocutori. Quando è in programma una disputatio, le lezioni vengono sospese, ma i laureati  della facoltà e gli studenti dei corsi vi devono partecipare.
La struttura della disputa è generalmente la seguente:
  • l'insegnante formula la quaestio, cioè il tema su cui si svolgerà la discussione;
  • un opponens (opponente) solleva obiezioni sulla questio;
  • il respondens (di solito un laureato) cerca di controbattere in modo da creare un dibattito;
  • una volta esauriti tutti gli argomenti, l'insegnante propone una possibile soluzione (determinatio), che può confutare gli argomenti o approvarli;
  • l'insegnante conclude alcuni giorni dopo con una determinatio magistralis che dava luogo a una relazione scritta della disputa (questio disputatio).
Il metodo della disputa è indipendente dalle materie di cui si discute e «sembra che abbia svolto un ruolo importante nella ricerca universitaria, sia per un vero dibattito su un problema nuovo, sia per uno scambio di opinioni scritto.



L'auctoritas 


L'auctoritas era quella forma di reverenza e di fiducia che si riponeva nelle sacre scritture,quali strumenti della rivelazione divina: esse non potevano essere messe in discussione, ma essendo oggetto di fede, rappresentavano oltre che testi religiosi, le fonti più importanti per qualsiasi campo del sapere. In questo senso l'auctoritas era il principio su cui si basava la conoscenza scientifica.
Nel corso del Medioevo l'auctoritas non rimase circoscritta ai testi sacri, ma gradualmente venne estesa ad altri grandi autori del mondo classico (sebbene la filosofia scolastica  indicasse anche quale valore dare ai passaggi in apparente contraddizione) e poi alla grande maggioranza degli scritti in genere, pur nella costante convinzione che la ratio fosse superiore all'auctoritas (l'autorità si fonda sulla ragione, ma non la ragione sull'autorità) e che, negli argomenti umani, l'argomento d'autorità fosse, per definizione, il più debole, di fronte ad argomenti di ragione o di tipo empirico

domenica 23 settembre 2018

Pedagogia: Scuole e università 
Precettori e cavalieri 


Il precettore era la persona addetta all'istruzione e all'ammaestramento dei figli di famiglie ricche e/o nobili. 

Istituzione oggi quasi scomparsa, quella del precettore
era una figura tipica soprattutto dei tempi in cui, mancando un sistema educativo diffuso, l'istruzione dei singoli veniva attuata in privato, all'interno della famiglia.
Nell'antichità non era raro che il ruolo di precettore fosse svolto da schiavi. Nell'antica Roma si ricorreva spesso a schiavi greci o di estrazione orientale e quindi esperti di lingua greca.
Il cavaliere era colui a cui era affidata l’educazione militare e civile del giovane rappello,preparandolo leggere e comprendere testi che ,nell’esercizio delle sue future funzioni,avrebbe dovuto trattare e magari firmare;così facendo ad esso si forniva una buona cultura letteraria.




L'insegnamento era basato su due livelli di istruzione:
- 1° livello: studio della grammatica e del latino e imparavano a leggere e scrivere
2° livello: scuola dell'abaco considerata la più importante in ambito mercantile


Dopo aver frequentato entrambi i livelli di istruzione potevano accedere alle università dove gli studenti e i professori si univano insieme formando delle associazioni con proprie regole approvate dall'Imperatore, dal Papa e dal Re.

La lingua utilizzata negli elaborati scritti doveva essere assolutamente il latino che però non era utilizzata per il parlato.
Leggevano e spiegavano i testi di autori greci, latini e testi biblici. Inoltre non potevano avere idee personali e non potevano condividerle e commentarle nelle classi.

Le università più importanti e antiche sono:



1.
Università di Bologna: è l'università più antica d'Europa famosa per gli studi di diritto e fu fondata nel 1088.
2. 

Università di Parigi: fondata nel XI secolo famosa per gli 
studi di teologia
3.

Università di Salerno: fondata tra il XI e il XII secolo famosa per gli studi di medicina. In questa università nacque la "scuola medica salernitana"



Pedagogia Scuole e università 

La rinascita del XII secolo d le scuole San Vittore
Nel XII secolo la situazione della scuola inizia a cambiare. Mentre iniziano a scomparire le scuole parrocchiali, sorgono nuove scuole religiose, affidate a benedettini e a domenicani. Ed iniziano a sorgere le prime scuole laiche private e comunali. In genere in ogni scuola insegnava un solo maestro, che poteva avere più di 100 allievi. Durante il XIII secolo iniziano a diffondersi le scuole laiche secondarie, rivolte agli alunni che già sapevano leggere o scrivere: le scuole d'abaco erano destinate allo studio della matematica, mentre le scuole di grammatica allo studio della lingua latina e alla lettura di autori classici e medievali. Nel corso del XIII secolo sono state inoltre istituite le prime università.


La scuola di Chartres e San Vittore 


Le due più celebri scuole medievali del XII secolo sono quella di Chartres e quella di San Vittore, entrambe in Francia. A Chartres, nel 980, il vescovo Fulberto decide di fondare una vera e propria scuola episcopale dove insegnare, oltre alla teologia e alla filosofia, le sette arti liberali (quelle del trivio - grammatica, retorica e dialettica - e quelle del quadrivio - artimetica, geometria, astronomia e musica), il cui studio sarà fondamentale per la formazione 

dei maggiori pensatori medievali. Tra essi possiamo ricordare: Bernardo di Chartres, Teodorico di Chartres, 

Guglielmo di Conches, Gilberto Porretano e Bernardo di Tours. Centro di studi scientifici, Chartres spicca nel 
panorama medievale, in genere più disinteressato alle 

scienze rispetto a quanto precedentemente avvenuto nei regni ellenistici. Nel medioevo, infatti, l'economia, di stampo feudale, si basa sulla sussistenza, la religione si fonda sull'onnipotenza divina e anche la dimensione umana si riduce all'attesa escatologica della vita oltre la morte: tutti elementi che contribuiscono ad allontanare la scienza dalla cultura ufficiale.

Didascalicon


La lezione era fondata sull’approccio diretto alle fonti. I primi libri presentano le scienze più vicine alla vita materiale (arti meccaniche) come anche le discipline del trivio (grammatica, dialettica e retorica), e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia). Il pensiero di Ugo si organizza intorno all’idea dell’unità essenziale dei saperi e dell’essere umano che il peccato originale delle origini ha spezzato e che bisogna ricostruire. La sua pedagogia si applica a quest’essere umano decaduto, cercando di restituirgli l’immagine e la somiglianza con Dio. L’uomo potrà ricostruire la sua integrità originaria mediante la ricerca della verità e l’esercizio delle Virtù. Le arti del trivio e del quadrivio hanno come fine di condurre e orientare la persona a un sapere più elevato, quello della lettura meditata della Sacra Scrittura. Gli ultimi libri del Didascalicon intendono guidare lo studente in questa impresa. È qui il punto di arrivo e il luogo della restaurazione dell’immagine di Dio. i consigli morali che si trovano nell’opera, hanno lo scopo di assicurare il corretto esercizio delle scienze e di orientare alla contemplazione della verità. Questi consigli etici per l’approccio allo studio, specialmente all’umiltà, come condizione preliminare e orizzonte dentro il quale è reso possibile un viaggio spirituale nel campo del sapere umano. Essa descrive un atteggiamento di apertura della mente e del cuore a saper leggere i semi di verità che ci sono in tutte le cose e in tutte le persone, aprendo lo spirito alla curiosità vera e al dialogo con tutti. Per Ugo  tutte le cose e tutti gli enti, chiamati all’esistenza dalla volontà del creatore, sono l’espressione storica e concreta di un progetto dell’intelligenza divina. 


Le prime scholae

Nella schola si insegnava a leggere le autorità, a conoscerne a memoria i passi più importanti e a saperli commentare. Questo metodo di studio consisteva nell’analisi grammaticale e successivamente nell’interpretazione del testo (cercando il sensus). Il maestro era disposto a rispondere alle domande dei suoi allievi, ma non potevano essere avanzate ipotesi contraddittorie con la religione o messi in dubbio i suoi concetti.


I sensi nella vita prenatale è il ruolo della madre 


Prima che il bambino cominci a parlare, saranno i suoi 5 sensi a guidarlo, ad insegnargli ad entrare in relazione con sé stesso e con gli altri. Sfatiamo, infatti, una diffusa credenza: i bambini, sin dalla nascita, sono dotati di un sistema sensoriale assolutamente funzionante e capace di metterli in relazione con l’ambiente circostante. Certo non tutti i sensi sono pienamente sviluppati, ma tale processo avviene in maniera molto rapida.


Il tatto          
Prendiamo i sensi, per esempio. "Quello che si sviluppa per primo, e lo fa già in utero, è il tatto", afferma Rapisardi. Non a caso è sempre più riconosciuta l'importanza del contatto fisico, pelle a pelle, con il piccolino subito dopo il parto, per esempio per favorire l'avvio dell'allattamento al seno.  "Oltre alla sensibilità tattile, anche quella dolorifica è ben sviluppata, mentre non lo è  altrettanto quella termica" precisa il neonatologo. Del resto, in utero il bimbo era esposto a una temperatura costante - con fluttuazioni massime di un grado - per cui dopo la nascita deve abituarsi a una temperatura differente (case e ospedali sono in genere più freschi dell'utero materno!) e a sbalzi termici significativi. 
Gusto e olfatto       

Già dalla metà della gravidanza, il feto distingue e riconosce odori e sapori del liquido amniotico, dunque gusto e olfatto sono altri sensi ben sviluppati. Dopo la nascita sarà in grado di riconoscere certi sapori, ritrovandoli nel latte di mamma. "Ecco perché la mamma può tranquillamente continuare a mangiare quello che mangiava in gravidanza", sottolinea Rapisardi. "Se è abituata a spezie piccanti, non c'è motivo che smetta di usarle: il suo bambino le conosce e riconosce già”

Udito         





Anche in questo caso parliamo di un senso che si sviluppa durante la vita uterina: "Già verso la fine del secondo trimestre, a 25-26 settimane, il bimbo reagisce ai suoni, per esempio girando la testa verso la fonte sonora o rallentando il movimento se sente una voce interessante come quella della mamma o, al contrario, girando la testa dall'altra parte o sobbalzando se sente un rumore brusco e inaspettato".


E lo stesso accade dopo la nascita: "Molti studi mostrano che il piccolo è perfettamente in grado di riconoscere voci e suoni ai quali era abituato, come la voce della mamma, del papà o di eventuali fratellini, oppure musiche ascoltate dalla mamma".
Il pianto dei neonati non è universale 




Vista            

Anche se è il senso meno sviluppato - e d'altra parte nella pancia della mamma non si può vedere nulla - ci sono comunque delle abilità minime: "Un neonato a termine può mettere sufficientemente bene a fuoco a circa 20-30 centimetri di distanza, proprio la distanza che c'è tra il seno e il volto della mamma".

















sabato 22 settembre 2018

I riflessi neonatali sono reazioni automatiche del neonato che scompaiono con la maturazione del sistema neuronale.


Riflesso di moro (o riflesso di abbraccio) Sollevando il bambino dal piano prendendolo sotto la schiena e rilasciandolo successivamente, quando lo si tira per i piedi o si picchia sul cuscino dove è appoggiata la testa, si scatena una risposta riflessiva divisa in due momenti. Prima il bambino ha una brusca estensione e abduzione delle braccia, successivamente allarga le dita a ventaglio e gli arti superiori descrivono un arco di cerchio, come se fosse un abbraccio, per poi ritornare allo stato di flessione-adduzione. Il riflesso scompare prima dei 6 mesi.




Riflesso di raddrizzamento





Tenendo il neonato sostenuto verticalmente in modo che le piante dei piedi poggino su un piano, si manifesta un 



























riflesso d’estensione e raddrizzamento delle gambe e del tronco. Con un effetto “onda” dal basso all’alto, vengono 

interessate la caviglia, il ginocchio, l’anca, il tronco ed infine la testa. Questo scompare verso i 2-3 mesi.

Riflesso di deambulazione automatica
Il bambino tenuto eretto e appoggiato con i piedi, se inclinato in avanti mantenendo l’appoggio con leggera pressione, dimostrerà risposte automatiche di estensione e flessione delle gambe, riproducendo l’automatismo della camminata. Il riflesso scomparirà a 2 mesi automatica
Il bambino tenuto eretto e appoggiato con i piedi, se 
inclinato in avanti mantenendo l’appoggio con leggera pressione, dimostrerà risposte automatiche di estensione e flessione delle gambe, riproducendo l’automatismo della camminata. Il riflesso scomparirà a 2 mesi.




Riflesso di prensione o Grasping-Reflex
Stimolando il palmo della mano con un dito o un oggetto allungato, si genera una reazione di presa a pugno senza flessione del pollice. Se di una certa intensità si può giungere a sollevare il bambino dal piano per qualche istante. Scompare verso i 9-10 mesi con l’inizio della capacità di rilassamento volontario.






Riflesso di suzione e deglutizione
Lo sfioramento all’angolo della bocca , provoca la rotazione della testa in direzione dello stimolo (cercamento), in seguito le labbra e la lingua effettuano una reazione di avvicinamento allo stimolo. La lingua si ritira, le labbra si chiudono e avviene la suzione. La fase di cercamento scompare verso i 3-4 mesi, mentre il riflesso di suzione al 10-11 mese.
Il riflesso di 
deglutizione si scatena con il
contatto dell’alimento con la parete della faringe. È un riflesso di tipo definitivo.





Riflesso tonico asimmetrico del collo
Con le rotazione laterale della testa del neonato posto supino si determina una variazione del tono degli arti superiori con l’estensione dell’arto facciale e flessione di quello nucale. Dura solo nelle prime settimane.